In questi giorni i mezzi di informazione hanno dato particolare risalto alla stangata della Corte dei Conti che condanna le società che garantiscono il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti e dirigenti apicali delle stesse, a risarcire un danno erariale di circa 25 milioni di euro, in merito all’inchiesta che in gergo è stata ribattezzata “spazzatura d’oro connection”. La questione non ha trovato alcun seguito sulla stampa neanche dei destinatari il risarcimento i comuni dell’ex-Ati 2. A quello che emerge dalle notizie pubblicate anche TSA-spa, che gestisce il servizio rifiuti nel comprensorio del Trasimeno, dove i comuni detengono oltre il 50% del capitale sociale e rappresentati nel consiglio di amministrazione, è stata condannata in solido a risarcire un importo di 4,3 milioni di euro.
Sulla questione stupisce il silenzio dei comuni forse per il fatto che nella vicenda poi sarebbero chiamati proporzionalmente al peso societario a ripianare il buco di bilancio di TSA-spa? Ci chiediamo perchè i comuni non sono intervenuti nel controllo del ciclo dei rifiuti come previsto nel contratto di servizio a tutela dei cittadini? Nel 2016, in piena bufera sullo scandalo rifiuti, per correre ai ripari costituirono una commissione tecnica in materia di controllo sulle attività del gestore. In particolare sul monitoraggio delle quantità di rifiuti dichiarate dal gestore in relazione al ciclo dei rifiuti previsto contrattualmente e regolarità sulla contabilità. Commissione che non si sarebbe mai riunita e quindi prodotto nessun risultato utile. I cittadini hanno il diritto di essere informati correttamente sugli sviluppi e ricadute della sentenza della Corte dei Conti. I profitti illeciti, derivanti dal mancato trattamento dei rifiuti previsto in contratto rilevato dall’indagine del Corpo Forestale e Guardia di Finanze, sono stati pagati dai cittadini con le bollette sui rifiuti.
Daniz Lodovichi
Pierino Bernardini