Industria tessile, l’importanza di differenziare per rendere sempre più sostenibile il settore

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La sostenibilità del comparto della moda, l’incidenza dell’industria tessile sull’ambiente, le potenzialità che offre il recupero mirato degli scarti della sua lavorazione. Sono alcuni dei temi trattati nel talk “Sostenibilità, riciclo e i nuovi trend della moda” che si è tenuto alla sala dei Notari di Palazzo dei Priori, nell’ambito della prima edizione di Umbria Fashion, l’evento dedicato a moda, arte, sostenibilità e solidarietà. Tra i protagonisti dell’incontro, Alessio Lutazi, consigliere delegato di Tsa Trasimeno servizi ambientali e responsabile impianti di Gesenu.

Con lui hanno dialogato Michela Sciurpa, amministratore unico di Sviluppumbria, e Luciano Lauteri, amministratore delegato di Vodivì. A coordinare l’incontro, Paola Costantini. Nel suo intervento, Lutazi ha spiegato come l’Italia, in tema di sostenibilità e tracciabilità nel settore tessile, sia all’avanguardia, avendo già approvato nel 2020, il decreto legislativo 116 che, a partire dal 2022, rende obbligatoria una gestione del rifiuto tessile separata e differenziata. La norma ha anticipato il nuovo Piano d’Azione per l’Economia Circolare, approvato nel febbraio 2021 dal Parlamento Europeo, che ha come obiettivo «la sostenibilità e la circolarità, nonché la tracciabilità e la trasparenza del settore tessile e dell’abbigliamento dell’Ue». «Il mercato del tessile è il quarto settore per impiego di materie primarie e acqua ed il quinto per emissioni di gas effetto serra (10% delle emissioni mondiali) – ha spiegato Lutazi – Escludendo i tessuti industriali/tecnici e i tappeti si può stimare un consumo di prodotti tessili, in Europa, pari a circa 15 chili pro-capite.

Negli ultimi venti anni, l’esportazione degli abiti usati dall’Unione Europea è triplicata, passando da 550.000 tonnellate del 2000 alle quasi 1,7 milioni di tonnellate del 2019. Il 46% dei tessuti è stato trasportato in Africa e forse solo una parte, probabilmente prevalente, è stata riutilizzata mentre il resto è finito in discarica. Un altro 41% è stato spedito in Asia principalmente per la produzione di stracci industriali».
La Strategia europea pubblicata il 30 marzo 2022, inoltre, fa riferimento all’opportunità di istituire l’Epr (responsabilità estesa del produttore). «La strategia Ue si pone l’obiettivo di favorire la progettazione di prodotti più sostenibili e di rendere l’industria tessile più competitiva e orientata alla circolarità».

Per quanto riguarda l’Umbria, ha sottolineato ancora il consigliere Lutazi, la regione «vanta uno dei distretti tessili più importanti, con un respiro sempre più internazionale. Il cuore nel distretto umbro è il cashmere, un distretto altamente qualificato, che comprende tutti i processi produttivi, che ha saputo unire la tradizione artigianale con le più moderne tecnologie e che in breve tempo ha raggiunto un prestigio internazionale intercettando e soddisfacendo una domanda innovativa di lusso in costante crescita negli ultimi anni. Sulla base dei dati analizzati emerge che a livello regionale la quota media dei rifiuti tessili identificata nel sovvallo dei rifiuti urbani post trattamento è pari al 19%». Innegabili, quindi, le potenzialità, in termini ambientali ma anche economici, che la differenziazione di questo specifico rifiuto può assicurare. Le pezzature maggiori, ha evidenziato Lutazi, possono essere destinate a pezzamifici o per la produzione di divise da lavoro, le pezzature ridotte, invece, potranno essere riutilizzate in vari settori, da quello automobilistico, all’edile e al tessile stesso.